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PNRR e rifiuti: una ricerca di REF delinea un bilancio delle iniziative

8 aprile 2024
Il settore dei rifiuti ha ricevuto circa 2,1 miliardi di euro dal PNRR. Secondo un paper del Laboratorio REF, però, senza un intervento statale molte iniziative non vedranno mai la luce. Questo quanto emerge dal Paper "PNRR e rifiuti: dal PNGR alla strategia nazionale" del think tank REF Ricerche.

L'approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nel 2021 è stato un momento molto importante per il nostro Paese, tracciando la rotta degli investimenti pubblici fino al 2026 con un impegno finanziario di prim’ordine da parte dell'Unione Europea.

Uno dei settori che ha ricevuto più risorse è quello dei rifiuti, con oltre 2 miliardi di euro, coadiuvato dalle riforme principali della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare (SNEC) e del Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (PNGR).

Tuttavia, senza un intervento decisivo dello Stato, molte delle iniziative previste rischiano di non trasformarsi in realtà effettiva, rimanendo confinate alla carta. Questo è il parere del think tank REF Ricerche, che con il suo Position Paper "PNRR e rifiuti: dal PNGR alla strategia nazionale", ha messo in evidenza le criticità dell'attuale strategia nazionale, ponendo l’accento sull’assenza di una visione complessiva per stimolare le iniziative territoriali e per riequilibrare l’allocazione dei fondi, destinata prevalentemente a progetti nel centro-nord.

LA DISTRIBUZIONE DEI FONDI PNRR NEL SETTORE RIFIUTI E I RISCHI

La suddivisione dei 2,1 miliardi di euro previsti dal PNRR per il settore dei rifiuti ha un orientamento chiarissimo verso le iniziative pubbliche, che ricevono il 71% dei fondi.

Questi sono destinati principalmente al potenziamento delle raccolte differenziate, al trattamento e riciclo, allo sviluppo di impianti innovativi.

Al contrario, la componente privata ha un ruolo molto più marginale, che si concentra sui cosiddetti “Progetti Faro” di economia circolare.

Dal paper elaborato da REF, la criticità più grande riguarda un’allocazione delle risorse non completamente allineata con i fabbisogni delle diverse regioni italiane, in particolare quelle meridionali.

La concentrazione degli investimenti in determinate aree del Centro-Nord ha sollevato una serie di interrogativi sulla coerenza tra le risorse assegnate e le reali necessità di gestione dei rifiuti. Da quanto si legge nel paper, sembrerebbe mancare una logica chiara nella selezione dei progetti e di programmazione, che rischia di compromettere l'efficacia del Piano.

 

I LIMITI DI UNA STRATEGIA “SCRITTA DAL BASSO”

In assenza di una programmazione sovraordinata in grado di indicare compiutamente i fabbisogni, i divari territoriali e i relativi deficit impiantistici, la strategia del PNRR è stata dunque scritta “dal basso”.  La mancanza di consapevolezza sulle reali necessità dei territori si è tradotta – in taluni casi – in progettualità di mera opportunità, persino non coerenti con i fabbisogni, il cui risultato è quello di accrescere i divari territoriali anziché ridurli.

In tal senso, emblematico è il caso del trattamento del rifiuto organico, destinatario di interventi e fondi anche in regioni (come Lombardia, Veneto e Piemonte) che già presentano una dotazione di impianti eccedente rispetto ai fabbisogni regionali e di macroarea, e al contrario il caso di regioni (come Lazio e Campania), che pur pagando un deficit impiantistico e di efficienza non hanno visto finanziato alcun intervento.

È evidente, quindi, che una parte dei finanziamenti a impianti per il trattamento del rifiuto organico avrebbero potuto essere destinati ad altre filiere, come i RAEE, dove la raccolta è tutt’ora al di sotto del potenziale e la filiera del trattamento presenta ancora margini di sviluppo, ovvero le plastiche, ove un sostegno più capiente al riciclo meccanico avrebbe certamente giovato. Parimenti, si sarebbe potuto puntare sul revamping di impianti di compostaggio già esistenti, cercando di sostenere il recupero energetico anche negli impianti che ne sono attualmente sprovvisti, così da rafforzare l’indipendenza energetica del Paese e rafforzare la gestione complessiva del ciclo dell’organico. 

Relativamente alla coerenza con i fabbisogni territoriali, l’assorbimento della maggior parte delle risorse da parte dei progetti impiantistici con un più elevato impegno finanziario, in poche regioni italiane, rischia di depotenziare la portata complessiva del Piano, rendendo la realizzazione degli investimenti un’occasione sì preziosa, ma non così determinante, per chiudere i divari presenti.

Le evidenze suggeriscono che avrebbe giovato un maggior coinvolgimento degli operatori, i quali più dei soggetti pubblici hanno una visione chiara dei deficit e dei fabbisogni.

Anche dal bilancio degli investimenti per il riciclo discende come non basti destinare centinaia di milioni di euro alla realizzazione di nuovi impianti per migliorare il ciclo di gestione. Senza un’adeguata strategia industriale, codificata in una programmazione sovraordinata e affiancata da un’opportuna strumentazione economica e dalla capacità degli Enti locali di declinarla rispetto alle esigenze del territorio, non possono essere poste le condizioni per assorbire i flussi di prodotti riciclati, secondo logiche di efficienza.

Un ulteriore tema cruciale è, quello, dello scenario regolatorio, vale a dire se gli impianti finanziati dal PNRR sono sottoposti alla regolazione delle tariffe di trattamento di ARERA o se competono liberamente sul mercato.  Per le frazioni a recupero, le tariffe regolate andrebbero previste unicamente per gli impianti e i territori, ove rilevano rigidità strutturali documentate e/o documentabili, per il tempo strettamente necessario a superare i fallimenti del mercato. Per una maggiore chiarezza sul tema, tuttavia, è utile che la prevista revisione del TUA declini compiutamente le direttrici strategiche dello sviluppo impiantistico per le diverse filiere e trovi una sintesi tra i principi di tutela dell’ambiente e di libera attività imprenditoriale, al fine di aumentare il livello di certezza giuridica che agevoli l’operato dei gestori e gli investimenti.